letture introduttive | Sannio fossilifero |
Letture introduttive. La vita e' presente sulla terra da oltre tre miliardi di anni. Resti di organismi animali e vegetali vissuti nel remoto passato si sono conservati fino ai nostri giorni in forma di fossili. Il Sannio e' ricco di queste testimonianze, il patrimonio paleontologico del beneventano e', infatti, conosciuto fin dal XVIII secolo (Scipione Breislak descrisse i fossili di Pietraroja nel 1798) ed e' studiato abbondantemente in Italia e all’estero. Questo patrimonio copre un arco di circa duecento milioni di anni (dal Triassico superiore fino ai giorni nostri). E’ costituito da vertebrati ed invertebrati fossili generalmente marini; allora, infatti, il Sannio, come buona parte dell’Italia centro-meridionale, era sommerso dal mare. Alcune localita', come Pietraroja, erano probabilmente delle lagune simili a quelle che oggi si trovano nei mari tropicali. I massicci montuosi del Taburno-Camposuro e del Matese si sarebbero formati per azioni delle forze tettoniche solo milioni di anni piu' tardi. Nel Sannio oggi i fossili si rinvengono un po’ dovunque. A Pietraroja ,oltre all'eccezionale scoperta del dinosauro,sono stati ritrovati pesci e rettili cretacici ed un antenato dell’odierno coccodrillo vissuti oltre cento milioni di anni fa. Sono di poco piu' recenti i molluschi ed i coralli fossili che si osservano nel bellissimo"marmo" che di Vitulano porta il nome. Risalgono a circa 20 milioni di anni fa i molluschi che si vedono, assieme ai denti di squalo, nelle cave di marmo "perlato" di Cusano Mutri e Pietraroja. Della stessa eta' sono le "strane pietre" che i contadini di Baselice raccolgono nei campi di tabacco, in realta' lamellibranchi, ricci di mare ed alghe rosse. Molto piu' recenti (circa quattro milioni di anni) sono i fossili delle argille e sabbie di Montesarchio, Apollosa e Castelpoto.
La Paleontologia ed i Fossili. La Paleontologia e' la scienza che studia la vita nel passato. Per la sua indagine, essa utilizza i resti pietrificati di animali e vegetali vissuti nelle lontane ere geologiche. La Paleontologia non deve essere confusa con l’archeologia, che studia le testimonianze della vita in epoca storica e Preistorica. L’Archeologia, prendendo in considerazione solo tracce lasciate dall’uomo, rientra nelle scienze umane. La Paleontologia invece e' una delle scienze naturali e il suo compito e' lo studio dei fossili. Con il termine fossile si indica qualsiasi resto identificabile, oppure impronta o anche solo traccia dell’attivita' di animali e vegetali che vissero nei tempi geologici passati. I resti della maggior parte degli organismi vengono rapidamente distrutti da agressori meccanici, chimici e biologici. Solo se sono sottratti a questi agenti distruttori poco dopo la morte, hanno la possibilita' di conservarsi come fossili, sopratutto se sono racchiusi in un sedimento. Per fossilizzazione si intende quella serie di processi naturali che avvengono tra l’inclusione del resto organico nel sedimento e la formazione del fossile. Gli organismi che possiedono conchiglia, scheletro interno, legno hanno migliori possibilita' di fossilizzarsi rispetto a quelli che non li possiedono. Anche l’ambiente di deposizione ha notevole influenza ed i fondali marini sono in genere aree di sedimentazione che forniscono una ricca documentazione paleontologica. I processi di fossilizzazione possono avvenire per mineralizzazione, sostituzione, carbonizzazione e conservazione integrale.
Fossili: indicatori cronologici, climatici ed ambientali. I fossili si trovano nei depositi di rocce sedimentarie, che generalmente si dispongono in strati piu' o meno orizzontali. In ogni serie di strati, quelli piu' bassi si sono depositati prima di quelli immediatamente sovrastanti. Pertanto, se non vi sono stati eventi che hanno alterato gli origirari rapporti di giacitura, i fossili sono tanto piu' antichi quanto piu' si procede dall’alto verso il basso nella successione degli strati. Grazie ai fossili e' quindi possibile procedere ad una datazione relativa delle rocce, stabilire cioe' se uno strato e' piu' antico, contemporaneo o piu' recente di un altro. La datazione e' ancora piu' precisa e sicura quando negli strati e' presente un fossile guida. I fossili guida sono resti di specie animale e vegetale appartenti a gruppi in rapida evoluzione che hanno avuto una breve vita geologica ed una grande distribuzione areale. Essi permettono sicure correlazioni stratigrafiche tra strati rocciosi della stessa eta' posti anche a notevole distanza tra loro. Come oggi anche nel passato gli organismi dovevano adattarsi nell'ecosistema in cui vivevano. E’ percio' possibile, da un confronto con il presente, stabilire le condizioni climatiche e ambientali del passato. Ad esempio, ritrovamanti di grossi accumuli di carbon fossile nell’emisfero boreale, nelle foreste analoghe alle attuali foreste pluviali equatoriali, ci dicono che durante il Carbonifero (oltre 300 milioni di anni fa), in dette regioni vi era un clima caldo e umido di tipo equatoriale. Analogamente il ritrovamento di coralli fossili nelle rocce triassiche delle Dolomiti testimonia che dove ora sono le Alpi vi era, milioni di anni fa, un clima caldo e un mare limpido con temperature non inferiori a 20 °C. Particolarmente interessanti sono le indicazioni che certi fossili forniscono per l’Era Quaternaria. All’inizio di questo era geologica si ebbero alternativamente nel bacino del Mediterraneo condizioni di clima freddo (periodi glaciali) e caldo (periodi interglaciali). Durante le fasi fredde numerose specie di molluschi, viventi nelle acque dei mari nordici, migrarono nelle zone settentrionali europee sino a noi (opsiti freddi), mentre altri, abituati a climi caldi, si spostarono dalle coste dell’Africa occidentale sino al Mediterraneo durante i periodi integlaciali (ospiti caldi). Anche i grossi mammiferi durante le fasi climatiche fredde scesero dall’Europa settentrionale fino alle coste del Mediterraneo; si rinvengono, infatti, resti di alce nella pianura Padana, renne in Campania ed il pinguino boreale che si e' estinto nel secolo scorso nelle grotte del Salento meridionale (tra Otranto e S. Maria di Leuca).
Sannio fossilifero: Un viaggio di duecento milioni di anni fa alla scoperta dei fossili della provincia di Benevento.
dNEOZOICO 0 - 1,8 milioni di anni CENOZOICO 1,8 - 70 milioni di anni MESOZOICO 70 - 200 milioni di anni |
VITULANO PIETRAROJA BASELICE APOLLOSA
d Benevento Taburno-Camposauro
Percorso. Il massiccio del Taburno-Camposauro é raggiungibile da diverse vie di accesso. Per chi proveiene da Napoli si percorre la statale Appia fino a Montesarchio (versante sud) o altrimenti per la Telese Caianello (versante nord). In alternativa partendo da Benevento si può imboccare la fondovalle vitulanese attualmente percorribile sino a Foglianise; da li si procede per la strada provinciale Vitulano - Frasso Telesino che penetra trasversalmente i due massicci calcarei dove all'altezza della piana di Perato é possibile percorrere comodamente altre strade che salgono in quota verso i rispettivi massicci.
Geologia. Sul monte Taburno affiorano le rocce calcaree di età più antica della Provincia di Benevento che sono comprese tra l'età Triassica (200 milioni di anni fa) ed il Giurassico superiore (140 milioni di anni fa).Sul monte Camposauro, invece, i calcarei sono relativamente più recenti e si sono formati tra il Lias ed il Cretacio, cioè circa 100 milioni di anni fa. Le diverse sequenze rocciose (successioni geologiche) nei due massicci calcarei testimoniano una evoluzione geologica piuttosto complessa. A Camposauro, infatti, nelle rocce di età cretacico superiore è presente una lacuna stratigrafica nei termini più bassi cioè una mancata sedimentazione dovuta ad una probabile emersione delle rocce calcaree che un tempo costituivano la piattaforma carbonatica.Ciò è testimoniato dai livelli bauxitici che indicano un periodo di emersione e cioè di continentalità della zona. I terreni terziari (miocenici) poggiano sui termini mesozoici con calcareniti e conglomerati al M. Taburno e con calcari a Briozoi e Litotamni a Camposauro.
Fossili. Al monte Taburno la presenza di dolomie,(rocce formate da carbonato di calcio associato a carbonato di magnesio), rende precaria la conservazione dei fossili macro mentre i microfossili sono molto abbondanti, ma difficili da identificare. Per questa ragione lamellibranchi ed altri molluschi si possono osservare solo in sezione sulle superfici esposte delle rocce di particolare interesse sono le sezioni a forma di cuore dei Megalondontidi (Lamellibranchi) considerati fossili guida per il Trias Superiore. Al monte Camposauro i terreni cretacici e miocenici sono riccamente fossiliferi, mentre quelli giurassici presentano fossili solo in sezione sottili.
Nel Cretacico sono particolarmente abbondanti coralli, gasteropodi, rudiste ed altri lamellibranchi. Essi sono particolarmente evidenti nei "marmi" di Vitulano spesso associati al deposito di terre rosse che testimoniano episodi paleocarsici. Le principali localita' fossilifere sono localizzate tra Vitulano e il Campo: Colle Noce, Cava Perla (accessibili da Cautano); Cava Uria inferiore e superiore e Cava Criscuoli. Nei calcarei a Briozoi e litotamni (Miocene) di Monte Camposauro presso Fontana Trinità e Monte S.Angelo, si rinvengono fossili di pettinidi, alghe rosse etc.
Ricostruzione ambientale. Al monte Taburno la successione carbonatica e' stata interpretata come caratteristica di ambienti di scogliera e di acque poco profonde (littorale - infralittorale). Al Camposauro invece gli ambienti di sedimentazione hanno caratteri di retroscogliera lagunare fino ad un ambiente littorale. Talvolta compaiono caratteristiche di scogliera vera e propria. Alla fine del Cretacico inferiore sono presenti fenomeni di paleocarsismo con evidenze di emersione testimoniate da depositi bauxitici. Nel Miocene al Camposauro i calcari a Briozoi e Litotamni sono tipici di piattaforma aperta, di ambiente di passaggio tra zone di acqua poco profonde (infralittorali) e zone con profondita' superiore ai 50 metri (circalittorale).
Bibliografia. Barbera C., D’Argenio B., Carannante G., Simone L., 1980. Il Miocene calcareo dell’Appennino meridional; contributo della paleoecologia alla costruzione di un modello ambientale, Ann. Univ. Ferrara, n:s. 9 Sc. Geol. e Paleont., vol. 6 suppl., pag. 281, 3 tavv., 8 figg., 1 tabb., Ferrara. - Barbera C., Campanelli G. (1986) Studio stratigrafico e paleoambientale di una successione Cenomaniano-Turoniano affiorante a Colle Noce, massiccio M. Camposauro (Vitulano, Benevento) (Tesi di Laurea) - D’Argenio B. (1967). Geologia del gruppo del Taburno-Camposauro (Appennino Campano), Atti Acc. Sc. Fis. Mat. e Nat., s. 3,6 : (2), 35-258, 19 tavv., Napoli. - Servizio Geologico di Stato. Carta Geologica d’Italia F. 173 Benevento.
d Benevento - Pietraroja (km. 95 circa)
Percorso. E' senz'altro il piu' interessante itinerario alla scoperta dei fossili del Sannio. Superato l'abitato di Cerreto Sannita, che conserva ancora oggi il suo assetto urbanistico settecentesco, ha inizio un tratto di grande interesse paesaggistico. Ci si immette infatti nella selvaggia gola incisa dal fiume Titerno e cioè nei calcari mesozoici del Monaco di Gioia ricche di microfaune e microflore di grande interesse e che rappresentano una delle piu' belle e complete successioni sedimentarie dell'Appennino meridionale dove sono presenti suggestive forme di erosione (Marmitte dei Giganti). Attraversata la valle del Titerno, passando per Cusano Mutri, si giunge a Pietraroja. Il nome Pietraroja trae origine dal colore rosso della bauxite (Minerale di alluminio) un tempo abbondante soptratutto sulle rege Piane sopra il paese, dove sino a qualche decennio fa erano attive le miniere dell'industria Montecatini, che furono chiuse poichè era più vantaggioso importare il minerale dall'estero. L'abitato di Pietraroja sorge a ridosso degli spalti rocciosi dell'omonima Civita (M. 918) ed e' noto da quasi duecento anni per i suoi pesci fossili citati per la prima volta da Scipione Breislak nel 1798 e successivamente da Costa, Bassani, D'Erasmo.
Geologia. Pietraroja e' situata a sud del contrafforte calcareo di Monte Mutria (1882 metri s.l.m.) che rappresenta la massima elevazione della provincia di Benevento. La litologia della zona e' costituita da calcari prevalentemente compatti sottilmente stratificati, bianchi, avana e grigi. I calcari a ittioliti (con resti di pesci fossili), di eta' aptiano-albiana, risalenti cioe' a circa 120 milioni di anni (Era mesozoica, periodo cretacico), sono costituiti da un pacco strati dello spessore di poche decine di metri e affiorano, oltre che in una valletta a nord-ovest di Pietraroja (localita' Le Cavere), anche sul bordo settentrionale e occidentale della Civita (a Monte Cigno e alla Civita di Cusano). Dalla località "Le Cavere" provengono le collezioni di pesci studiati da Costa, D'Erasmo ed altri autori. Nella stessa localita', nel 1982, e' stato effettuato un nuovo scavo e successivamente la zona e' stata vincolata dalla Sovrintendenza ai Beni Archeologici di Salerno, Avellino e Benevento e costituisce il primo "Parco Geopaleontologico" d'Italia. La fauna proveniente da "Le Cavere" e' costituita da Crostacei, resti di Echinidi, da numerosi Pesci, Anfibi e Rettili oltre a numerose tracce e piste di organismi. Sui calcari ittiolitici di eta' cretacica poggiano i calcari miocenici di eta' Langhiano-Serravalliana, circa 20 milioni di anni fa (Era cenozoica, periodo miocenico). A destra del parco geopaleontologico e' possibile osservare tracce della "trasgressione miocenica" cioe' del contatto tra i terreni cretacici e quelli miocenici dovuto all'invasione di un mare miocenico su un fondo costituito da sedimenti cretacici ; i termini intermedi mancanti ( del cretacico superiore, Eocene ed Oligocene) sono stati probabilmente erosi. Tale "trasgressione", avvenuta dopo un lungo periodo di probabile continentalità, e' confermata dalla presenza, sui calcari cretacici, di perforazioni dovute ad organismi marini litofagi, appartenenti al genere "Pholas". Non lontano dal parco geopalentologico, in affioramenti di terreni prevalentemente arenacei, si apre Cava Canale. La cava ha fornito per anni il "perlato", calcare a Briozoi e Litotamni, utilizzato come materiale ornamentale e da costruzione.
Fossili.
Gli affioramenti in localita' Le
Cavere hanno fornito una interessante fauna, costituita da Crostacei,
resti di Echinidi, Pesci, Anfibi e Rettili, tutti risalenti a circa 120
milioni di anni. Le specie finora identificate sono : Dinosauri
(Scipionyx Samniticus); Reptilia (Chometokadmon
fitzingeri, Costasaurus rusconi ); Amphibia (Albanerpeton
megacephalus); Pisces (Rhinobatus obtusatus, (?)
Phorcynus sp., Coelodus costai, Paleobalistum bassanii, Metagogus
petlandi Propterus scacchi, Lepidotus minor, Belonostomus crassirostris,
Belonostomus sp., Oenoscopus petraroiae, Leptolepis brodiei Aethalion
robustus, Sauropsidium laevissimum, Elopopsis aff., Hemielopopsis gibbus,
Hypsospondylus bassanii, Chanos leopoldi sp., Chirocentrites coroninii,
Diplomystus brevissimus, Crustacea ((?) Pseudastacus
sp.). L'ittiofauna e' composta di specie appartenenti a famiglie o a
generi in parte ancora viventi nei mari tropicali e subtropicali. Di
particolare interesse sono due rettili fossili, classificati entrambi
come Chometokadmon fitzingeri (fam. Sphaenodontidae, ord.
Rhyncocephalia). Il primo esemplare, descritto per la prima volta da
Costa, ha una lunghezza di circa 287 mm.; il secondo e' lungo circa 187
mm.; essi rappresentano gli antenati dei Rincocefali . Questi ultimi,
osservati e studiati da Darwin nel secolo scorso, sono considerati dei
fossili viventi ed anche i piu' diretti discendenti dei dinosauri; non a
caso infatti a Pietraroja vivano una specie molto piccola di dinosauri
come dimostrato dal ritrovamento nel 1980 dello Scipionyx
samniticus. Gli scavi del 1982 hanno portato alla luce altri
interessanti reperti tra cui un coccodrillo attualmente in fase di
restauro presso l'universita' di Torino. Gli affioramenti nei calcari
miocenici (20 milioni di anni fa) sono ricchi in Foraminiferi, alghe
calcaree (Rodophita, alghe rosse), Artopodi (Balani), Molluschi (pettinidi
ed ostreidi), Briozoi, Echinodermi. Sono stati rinvenuti anche denti di
Charcarodon megalodon, un antenato dello squalo azzurro, lunghi 15 cm.;
l'animale che possedeva circa 4000 denti, doveva essere lungo oltre 10
metri.
(Immagini
dei fossili di Pietraroja - Collezione storica)
Ricostruzione ambientale. Tra gli autori che hanno tentato una ricostruzione paleogeografica e paleobioambientale delle localita' fossilifere di Pietraroja sono da citare D'Argenio e Freels. D'Argenio procede ad un esame dettagliato delle circostanze ambientali in cui si è formato il giacimento dei vertebrati fossili di Pietraroja e alla fine conclude col dire che questi calcari si sono sedimentati in un ambiente di tipo lagunare, di scarsa profondita', con acque calde, molto calme e con saltuarie comunicazioni con il mare aperto. In tale laguna prevaleva una sedimentazione di origine probabilmente biochimica, dovuta all'attività di flore batteriche che rendevano le acque inadatte ad ogni altra forma vitale, assorbendo ossigeno e liberando gas tossici (H2S). Quando, per il periodico arrestarsi di tale attivita', le acque si arricchivano di ossigeno, penetravano nella laguna vari animali che venivano successivamente uccisi e fossilizzati dal ripristinarsi delle abituali condizioni ambientali. Freels sostiene che i calcari "litografici" si depositarono in bacini ristretti formati da erosione sottomarina che si spostarono leggermente nel tempo e nello spazio. Apporti torbiditici di piccole dimensioni derivati dai margini dei bacini li riempivano con materiali delle facies circostanti. Come tipo di giacimento fossilifero i calcari litografici fanno parte del tipo "depositi stagnanti".
Bibliografia. Barbera C., Carannante G., Simone L., 1978. Depositi circalittorali di piattaforma aperta nel Miocene Campano; analisi sedimentologica e paleoecologica, Boll. Soc. Geol., It., 97, 821-834, 7figg., 1 tab., Roma 1978. - Barbera C. (1980). Lamellibranchi miocenici della formazione di Cusano (Selli 1957) provenienti da Cusano Mutri (Matese orientale, Benevento) Boll. Soc. Nat., 88, 20 pp., 4 tavv., 1 tab., Napoli 1980. - Barbera C., D'Argenio B., Carannante G., Simone L. (1980). Il Miocene calcareo dell'Appennino meridionale; contributo della paleontologia alla costruzione di un modello ambientale. Ann. Univ., Ferrara, n.s. sez. 9 Sc. Geol. e Paleont., vol. 6 suppl., pag. 281, 3 tavv., 8 figg., 1 tab., Ferrara. - Barbera C., Macuglia L. (1989). Revisione dei tetrapodi del Cretaceo Inferiore di Pietraroja (Matese Orientale, Benevento) appartenenti alla "collezione Costa", Atti 74 congr. Soc. Geol. It. Sorrento, vol. B., pag. 9 - 10, Napoli. - Barbera C., (1988). Erpetofauna cretacea di Pietraroja, Boll. Zool. Collana U.Z.I., Sel. Paper, Symp. and Monograph, in stampa. - Costa O.G. (1864). Paleontologia del Regno di Napoli, III, Atti Acc. Pont. : 8, 1-198, Napoli. - Costa O.G. (1866). Nuove osservazioni e scoperte intorno ai fossili della calcarea ad ittioliti di Pietraroja. Atti Acc. Sc. Fis. Mat., 1,2,22, 1-12, Napoli. - D'Argenio B. (1963). I calcari ad ittioliti del Cretacico inferiore del MAtese. Atti Acc. Sc. Fis. Mat. 4:5 - 63 Napoli. - D'Erasmo G. (1914 - 15). La fauna e l'eta' dei calcari ad ittioliti di Pietraroja (Benevento), Paleont. Ital., 20 - 29 - 86 tavv. 7; 21, 59- 12, tavv. 6 , Pisa. - Freels D. (1975). Plattenkalke becken bei Pietraroja (Prov. Benevento Sud Italien) als voraussetzung einer fossillagerstattenbildung, N.Jb. Geol.Paleont., Abh, 148:320-352, Stuttgart. Servizio Geologico di Stato. Carta Geologica d'Italia. Foglio 162 - Campobasso.
d Benevento - Baselice
Percorso. Da Benevento si percorre la strada provinciale per Colle Sannita. Superato l’abitato, prima di arrivare a Baselice, in localita' Omo Morto, affiorano argille ed arenarie abbondantemente fossilifere con Pettinidi, Ostreidi, Echinodermi (Clipeastri e Scutelle) associate a modelli interni di altri lamellibranchi e Alghe rosse.Un piccolo museo nel centro storico di Baselice inaugurato nel giugno del 1996 , raccoglie i reperti della zona . ( il Museo è aperto tutte le domeniche dalle ore 16:30 alle ore 19:30) Per informazioni contattare l'Archeoclub d'Italia sezione di Baselice.
Geologia. In una formazione, che viene considerata dalla carta geologica come "flysch di Castelvetere", costituita da una sequenza argilloso-arenacea, e' presente un livello riccamente fossilifero con Molluschi, Echinodermi e abbondantissime Alghe rosse, Briozoi e Coralli. La fauna e' di eta' miocenica ed e' contemporanea a quella di Cusano Mutri.
Fossili. Sono presenti tredici specie di Pettinidi di cui alcune con un numero elevato di esemplari (tra cui Chlamys scabriuscola), otto specie di Ostreidi, dodici specie di Clypeastri, tre specie di Scutellidi. I fossili sono abbondantemente perforati da Spugne. Sono anche presenti Briozoi intercalati a Coralli. Associati ad essi sono stati rinvenuti numerosissimi rodoliti (Alghe rosse in masse subsferiche) di dimensioni variabilissime da pochi centimetri a qualche decina di centimetri.
Ricostruzione ambientale. I fossili di Baselice testimoniano un ambiente marino circalittorale con una profondita' variabile dai 60 ai 200 metri, i sedimenti argilloso-arenacei (flysch) sono caratteristici di ambiente piu' profondo. Si puo' quindi ipotizzare che gli organismi siano vissuti ad una profondita' compresa tra i 60 ed i 200 metri siano poi giunti, subito dopo la morte, a causa di movimenti frane sottomarine, in un bacino piu' profondo dove sono stati ricoperti dal sedimento e quindi fossilizzati.
Bibliografia.
Barbera C., Tavernier A. (1985). Il
Miocenedel circondario di Baselice ( Benevento). Significato
paleoecologico e paleogeografico, III Simposio Intern. Ecolog.
Paleoecologia, 15 pp., 7 tavv., 2 figg., Catania. - Servizo
Geologico d'Italia. Carta geologica d’Italia F. 162
Campobasso.
d Benevento-Tufara-Montesarchio (km.15da Benevento).
Percorso. Pittoresco centro situato al margine della valle Caudina a 300 metri sul livello del mare, ai piedi di un’altura coronata da un castello quattrocentesco. Montesarchio e’ base di escursioni sul monte Taburno (metri 1394). Percorrendo la s.s. n. 7 da Benevento in direzione Tufara si giunge, dopo il ponte della ferrovia, nei pressi di una fornace di laterizi; da qui parte una strada in terra battuta percorribile anche in auto. Lungo questo sentiero vi sono numerosi affioramenti fossiliferi risalenti a circa 7-5 milioni di anni fa.
Geologia. Percorrendo la s.s. n. 7 si attraversano colline cotituite da terreni pliocenici. Nel tratto tra Montesarchio Tufara la strada si apre in alluvioni sabbioso-ghiaiose pleistoceniche. Gli affioramenti pliocenici sono costituiti da sabbie e arenarie gliallastre con alternanze di argille sabbiose grigiastre. Una successione bene esposta si trova tra Montesarchio e Tufara, lungo il vallone Tora : dal basso affiorano argille grigie e grigio-azzurre per lo piu' stratificate, con intercalazioni sabbiose; fra i macrofossili prevalgono lamellibranchi e gasteropodi. Nella valle Caudina compresa tra Monte Taburno ed i Monti del Partenio sono identificabili numerose localita' fossilifere in terreni ascrivibili al Messiniano-Pliocene inferiore (Era Cenozioca, periodo Miocene terminale - Pliocene, 7 - 5 milioni di anni fa) e al Pliocene medio (era Cenozoica, periodo Pliocene, 4-3 milioni di anni fa). Questi terreni affiorano nelle vicinanza di Montesarchio e sono rappresentati da argille ed arenarie piu' o meno abbondantemente fossilifere.
Fossili. Le argille che si trovano tra Tufara e Montesarchio sono abbondantemente estratte dalle cave ed utilizzate localmente nelle fornaci per la fabbricazione di mattoni forati. Esse sono ricche di coralli (esacoralli), echinodermi (Schizaster), molluschi, lamellibranchi (Amiantis, Venus ecc.), Gasteropodi (Natica, Aphorraris etc.), Scafopodi (Dentalium). Superiormente le argille passano ad arenarie con Lamellibranchi (Panopee). Questi sedimenti fanno ritenere che si siano depositati in un mare ad una profondità di circa 50 metri.
Ricostruzione ambientale. Le argille azzurre, le sabbie ed i fossili in esse contenuti fanno ritenere che nel Pliocene medio superiore nella zona c'era probabilmente un mare con profondita' variabile dai pochi metri nelle vicinanze dei massicci montuosi, a qualche decina di metri procedendo verso la zona attulamente occupata dalla città di Benevento.
Bibliografia. De Castro Coppa M.G., Moncharmont Zei M., Pescatore T., Sgrosso I., Torre M., 1969. Depositi miocenici e pliocenici ad Est del Partenio e del Taburno (Campania), Atti Acc. Gioenia Sc. Nat. Catania, serie VII, 1, 479 - 512,2 figg., 7 tavv., Catania. Servizio Geologico di Stato. Carta Geologica d’Italia F. 173, Benevento.